TRA IL BUIO E LA LIBERTA'-Maria Delfina Tommasini
- Max Morini
- 16 lug
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 5 set
La “Garbatella”, insieme alle coeve sorelle Montesacro e San Saba, è una delle tre garden city storiche di Roma; ispirata a modelli urbanistici anglosassoni, ancora oggi non ha perduto il suo fascino: cortili immensi si aprono davanti edifici dal sapore medievale, favolistico e bizzarro, il famoso “Barocchetto” dei giovani architetti affermatisi durante il regime.
In questi lotti costruiti vicino all’Ostiense, la penna agile e leggera di Maria Delfina Tommasini ambienta il suo bel romanzo storico tinto di crime, che comincia nell’epoca fascista, quando una spia “nera” vaga per il quartiere seminando terrore e morte, e si riallaccia poi agli anni Settanta, dove invece l’irrequietezza “rossa” del movimento giovanile dà un nuovo imprinting al quartiere.
Nero e rosso, rosso e nero, un gioco di contrasti, raccontati in una sovrapposizione di piani temporali in cui non si perde mai il sapore popolare della storia e che costituisce uno dei suoi pregi, insieme alla grazia e alla verità con cui l’autrice ci restituisce una polifonia di voci e dialoghi intorno alle vicende delle due protagoniste, Annina e Marta.
Aggiungendo i tratti di figure storiche cresciute alla Garbatella, come Agostino Di Bartolomei, il mitico “Ago”, capitano della Roma anni '80, o luoghi come la mitica “parrocchietta” che ispirerà il giovane Alberto Sordi, ospitato dalle sorelle che vivevano nel quartiere, per una delle sue macchiette più riuscite.
Il contrasto anni Trenta-anni Settanta, il passato-presente della narrazione, però non rimane solo un gioco simmetrico di specchi fine a se stesso, ma porta con sé qualcosa di più profondo: segreti e orrori che il tempo ha seppellito e che solo la forza e la fede politica di una nuova generazione riesce a portare alla luce. E nei quali il lettore, abilmente guidato dalla Tommasini, si troverà immerso, vivendo le emozioni di una Storia con la S maiuscola a noi vicina, in cui l’impegno politico e la comunità erano ancora al centro della propria vita.
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